IPHIGENIE in «Iphigenie in Aulis»

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    Atto V 

    Ifigenia, Agamennone, Clitemnestra e il coro. 

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    IFIGENIA:
    Se d’Orfeo la facondia, o padre, avessi,
    da convincer col canto, in guisa che
    mi seguisser le pietre, e i cuor potessi
    coi detti miei commuovere, a quest’arte
    m’appiglierei; ma quella ch’io conosco
    adesso offrire ti potrò: le lagrime.
    Alle ginocchia tue questo mio corpo
    che costei generò, depongo, quasi
    ramo d’ulivo supplice, perché
    tu non m'uccida innanzi tempo. È dolce
    veder la luce; e tu non mi costringere
    a veder quello che sotterra giace.
    Prima io te chiamai padre, e tu me figlia:
    alle ginocchia tue prima io le tenere
    membra appendevo, a te soavi gioie
    diedi, e n’ebbi ricambio. E tu dicevi:
    «O figlia, dunque, te vedrò felice
    vivere in casa d’uno sposo, florido,
    come conviene alla mia figlia?». Ed io,
    appesa al viso tuo, che adesso stringo,
    cosi dicevo: «Ed io che ti dirò?
    Vecchio t’accoglierò nel caro asilo
    della mia casa, o padre, e a te compenso
    delle cure darò che tu spendesti
    per allevarmi». — Ora, io memoria serbo
    di quei detti, ma tu ne sei dimentico,
    e uccidere mi vuoi. Deh, no! Per Pèlope
    io ti scongiuro, e per tuo padre Atrèo,
    per questa madre che mi partorí,
    ed or patisce queste nuove doglie.
    Dell’adulterio d’Alessandro e d’Elena
    che colpa ho io? Come esser può che Paride
    per la rovina mia giungesse, o padre?
    Guardami, l’occhio su me volgi, abbracciami,
    sí che di te, morendo, io serbi almeno
    tale ricordo, se pei detti miei
    convincer non ti vuoi. Fratello, tu
    sei pei tuoi cari un piccolo alleato;
    ma pur piangi con me, supplica il padre
    che tua sorella non uccida: senso
    hanno delle sciagure anche gl’infanti.
    Vedi, col suo tacer, padre, t’implora.
    La mia vita rispetta, abbi pietà:
    ti scongiuriamo, entrambi a te diletti,
    questo, pargolo ancora, ed io già grande.
    Ma solo un punto aggiungerò, che vinca
    ogni argomento. Agli uomini dolcissima
    è questa luce, e non l’eterna tenebra,
    e folle è chi desidera la morte.

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