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Atto I
Electra con il coro.
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ELECTRA:
O dei Numi superni e degl’inferni
sublime araldo, Ermète sotterraneo,
fa’ bando, ch’odan le preghiere mie,
ai Dèmoni d’Averno, essi che vegliano
su chi mio padre uccise, ed alla Terra
che produce ogni cosa e la nutrica,
ed il rigoglio poi ne riassorbe.
Ora io, versando queste acque lustrali,
mio padre invoco, e dico: «Abbi pietà
di me, del caro Oreste, onde possiamo
regnar su queste case: or ce ne scacciano
lontano, e nostra madre ci vende’,
e in vece tua sposo ebbe Egisto, complice
della tua morte. Io son come una schiava;
va dagli averi suoi bandito Oreste;
e questi, in mezzo ai tuoi sudati beni,
tripudiano superbi. Oh!, te n’imploro,
qui con la fausta sorte Oreste giunga!
Odimi, o padre! E fa ch’io ben più saggia
sia di mia madre, e la mia man più pia.
Tali voti per noi: per i nemici
chiedo che sorga, o, padre, chi ti vendichi,
e chi ti uccise muoia: e sia giustizia.
Questi voti onde il male ad essi impreco
restino in mezzo alle devote preci.
E a noi beni largisci. E i Numi assentano
e la Terra, e Giustizia, il suo trionfo».
Dopo le preci, libagioni io verso;
e voi di lagni lugubri, levando
il peana del morto, inghirlandatele.