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Atto III
Cassandra con il coro.
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CASSANDRA:
Ahimè! Qual fuoco nel mio petto irrompe!
Ahimè! Oh Licio Apollo! Oh Dio! Oh Dio!
La lionessa bipede, che dorme
a fianco al lupo, mentre lungi sta
il leon generoso, ucciderà
me sventurata! Mentre il ferro affila
contro lo sposo, a vendicar col sangue
la mia venuta, mena vanto che
mescerà col tuo sdegno il mio castigo,
quasi filtro con filtro. A che piú serbo
queste insegne di scherno? E scettro, e al collo
le fatidiche bende? Io vi distruggo
prima ch’io muoia! Con la mala sorte
cadete al suol. Presto io vi seguo: un’altra
arricchite d’affanni, in vece mia.
Ecco, ed Apollo, ei stesso mi discioglie
le fatidiche vesti, ei che mi vide
già con questi ornamenti, e fra i miei cari,
dai nemici schernita apertamente,
che indarno io profetassi. E sopportai
ciurmatrice esser detta, vagabonda,
sciagurata, famelica, pitocca.
Ora il profeta ond’io fui profetessa
m’adduce a tal fato di morte. Invece
del patrio altare, il ceppo attende me,
e il colpo e il caldo di funerea strage.
Ma non morremo senza onor di Numi.
Altri pur sorge a far nostra vendetta:
matricida un rampollo, a far vendetta
del padre suo. Fuggiasco e vagabondo,
da questo suol bandito, tornerà
a coronar pei suoi questa sciagura.
Gli saran guida del giacente padre
l’ossa invocanti. - A che sí piango e levo
lamenti? Poi che vidi Ilio soffrire
ciò che sofferse, e quei che la distrussero,
per giudicio dei Numi han questa sorte,
muovo al mio fine, e al peso non soccombo.
(Volgendosi alla porta della reggia)
Il mio saluto a voi, porte d’Averno!
Ed imploro per me colpo mortale:
sí che, sgorgando a facil morte il sangue,
senza spasimo queste luci chiuda.