Seite 6 von 8
Atto III, Scena IV
Imogène e Pisanio.
Buch kaufen
IMOGÈNE: Conviene ch’io muoia; e se non soccombo per tua mano, tu non obbedisci al tuo signore. — Contro il suicidio sta la maledizione del Cielo, che intimidisce il debole mio braccio. — Ardisci! ecco il mio cuore... ecco il mio seno... immergivi la tua spada, nascondivela fino all’elsa..... Ma che veggo io su questo seno? le lettere di Leonato..... promesse di amore, vólte tutte in spergiuri. — Lungi, lungi da me, corruttrici della mia fede! più non sentirete i palpiti di questo cuore! — Così dunque i poveri insensati, si lasciano adescare dai discorsi di perfidi seduttori? Ma se l’infelice tradita soffre crudelmente del tradimento, il traditore ne è punito con mali più grandi ancora: e tu, Postumo, che m’incitasti a disobbedire il re, tu, per il quale ho sdegnato disposarmi a principi miei eguali, tempo verrà in cui conoscerai che questo non era per me un sagrificio di poco momento, ma un grande e rarissimo sforzo; e già mi affligge il pensare quanto un giorno, allorchè il tuo furore contro colei che ora odii sarà cessato, quanto allora la memoria di me tormenterà la tua anima. Pisanio, te ne scongiuro, poni fine a ogni indugio: la vittima implora il tuo colpo. Dov’è il tuo pugnale? brandiscilo! tu sei troppo lento nell’obbedire al tuo signore, il cui volere concorda col mio desiderio.